PONZA

PONZA

5 Gennaio 2021 0 Di Aldo Ballerini

Poi ci sono andato a Ponza, settembre. Ponza è fatta a forma di sola, infatti è un’isola, ma dicevo è di quelle fatte a virgola, non tondeggiante. È una striscia sottile, da un capo all’altro sono poco più di dieci chilometri, la giri a piedi, quasi. 

Abbiamo una stanza sopra il porticciolo: per andar lassù si fanno le stradine, trecento gradini e via che arrivi. Scendo all’alba, due passi e un caffè nel porto (sonnecchiante), una nuotata, una pasta napoletana per sistemare il bilancio energetico. Poi torno. 

Le stradine che salgono e scendono sono da scoprire, tutto un su e giù, poi gradini, gradoni, vicoli, cunicoli, santi, madonne, sedie, vasi di fiori, porte e finestre spalancate, cortili, di certo non ci si annoia, passi così vicino alla case che sembra di entrarci, dalla cucina della signora arriva la messa delle sette. 

300 gradini

Alla mattina non sono io sonnecchiante ma il porto. Mi aspettavo un grande fermento, come immagini i porti d’estate, pescatori che partono, arrivano, sistemano barche, puliscono reti, offrono pesce. Qua invece tutto silenzio. Giusto qualcuno sulle barche, in tutta calma, pare lì per abitudine o per passare il tempo. Un passata di straccio (calma), buttar due pesci ai gabbiani (calma), una sciacquata al ponte (calma). Mindfulness ponziana. 

La via del porto

Sarà che è settembre e non c’è tanto movimento ma fino alle dieci è tutto chiuso, è difficile pure scovare un bar. Questa atmosfera tranquilla mi piace, tra l’altro anche il mare è calmo, anche lui è tranquillo. 

Vado al Bar Tripoli, uno dei pochi aperti, e poi davanti al bancone c’è una bellissima foto d’epoca del Caffè Tripoli: è un luogo storico. È al centro della movida e (si sa) noi ragazzi del mare ci saltiamo dentro a piè pari. Nella movida. Anche se a quest’ora c’è il deserto. 

Dal nome si capisce che il Bar risale ai tempi della guerra in Libia, gli anni di “Tripoli bel suol d’amore” (l’ha cantata pure Claudio Villa). Sul sito ponzacalafelci.com c’è tutta la storia, raccontata dal figlio dei fondatori: Silverio Di Monaco e la moglie Angelina Zinno. Aprirono il caffè negli anni ’20, con arredi a chilometro zero e probabile anche costo zero: la zia, che vendeva scarpe a qualche metro di distanza, offrì una scarpiera per esporre i liquori; il fratello di Silverio, che dirigeva la banca al piano di sopra, diede il (monumentale, così è scritto) bancone del suo ufficio. Oggi c’è un bancone nuovo con il marmo e l’inserto d’oro, peccato.

Leggo i nomi della foto del ’29 e finisco in un mondo antico. Ci sono Silverio Zecca detto Zecchetiello, campione di pesca subacquea; Gildo Colonna, abbigliato da fascista; Crescenzo Costanzo ‘u Matunaro, con coppola e canottiera; Ceccio ‘u Muto, con la sciarpa bianca.

Torno contemporaneo bevendo il caffè Tripoli seduto sul bastione. Guardo giù.  Il porto è bellissimo, a semicerchio: sotto ci sono le mura rosso mattone; sopra le case bianche che si arrampicano sulla collina.

Tre turisti arrivano, o partono, camminano sul molo trascinando le borse; arriva il camioncino del pane; qualche negoziante sistema la merce. Tutto è silenzio, tutto rallentato. A Milano, nello stesso tempo, avrebbero già aperto tre attività, chiuse due, sistemate le aiuole. Poi, la sera, tutti stesi sul canapè acquistato a Brera a far del mindfulness con l’audioguida.

Vado alla spiaggetta sotto il ristorante Gennarino a mare, è lunga venti metri, quanto basta per scendere nell’acqua scura ma calda e accogliente. La mia nuotata vale 140 calorie, posso andare a guardare la vetrina della pasticceria napoletana. Guardare e non toccare, diceva così la marziale signora messa a guardia dei giochi della Standa, il terrore di noi piccolini. 

Ci sono le sfogliatelle, i babà, la pasticciera, la bomba, la sciabola alla Nutella, la pietra di Ponza. Tutte cose normali, se sei nato almeno trecento chilometri sotto la linea gotica; a noi caucasici una di quelle basta un settimana. 

La pasta napoletana Kranz

Curioso anche l’effetto che fa quando le prendi in mano: le nostre pastarelle sono tutte frufru, una peserà sì e no trenta grammi vuota, trentatré ripiena; queste fanno tre etti quelle piccole, non so come facciano a concentrarle così. Il bilancio energetico buonanotte. 

Finito il tour mattutino si va al mare, splendido ma spiagge quasi non ce ne sono (una sola facilmente raggiungibile): o prendi la barca o aspetti il piede isolano. Il piede isolano è quella trasformazione della pianta (del piede) che ti permette di camminare sugli scogli senza soffrire atroci dolori. Il piede isolano ti viene sempre alla mattina della partenza, quando te ne torni a casa. 

Siete arrivati fino a qui, ecco il video: