Raduno del Pinguino

10 Febbraio 2021 Off Di Aldo Ballerini
Tutta ‘sta baldoria è successa nel 2003 e oggi ve la ripropongo. Di Aldo non si butta via niente. Che vi serva da monito: mai andare ai raduni invernali, mai con i vostri amici e maimai, soprattutto, con la moto. E maimaimai da passeggero con uno che… vabbè, ve lo dico dopo.

10 gennaio, venerdì
Alle 6,30 il bestione (l’Energo) ancora non si vede. Sono preoccupato, la strada è ghiacciata. Magari è andato a finire in un campo con la moto e si è addormentato. Lo troveranno tra migliaia di anni, come i mammut, e diranno:
“Veh, l’uomo primitivo com’era brutto”.
Senza sapere che lui è l’uomo primitivo già oggi. 

L’Energo, il Borgnik, Poli e Domenico (costui ritratto in un momento di sconforto).

Alle seiemezza-passate-da-un-bel-po’ arriva l’Energut: 
«Oh, somiame, è tutto ghiacciato. Da Novellara a Reggio ciò messo un’ora. Sono venuto giù ai venti coi piedi giù. Davanti a me una macchina è andata a finire nel fosso e così ho rallentato».
Abbiamo fatto tardi ma fa niente, ora sappiamo che un po’ di sale in quello zuccone vuoto c’è, e questo non è male, visto che sono il suo passeggero.
Allora, fate conto che non abbia detto niente. Infatti: monto sulla sua lussuosa Honda Gold Wind, infiliamo la tangenziale e l’Energo supera tutto felice un camion e si mette in curva ai centoerrotti. Cazzotto nelle costole.
«Che c’è?».
«Vai pianooooo! Siovalser».
«Ma vado piano, czcioè, non faccio nemmeno i centoventi».
«Ma, ziocanta, non dico piano in assoluto, ma piano relativamente al ghiaccio che c’è sulla strada visto che il termometro del tuo motorino segna i -6. Almeno, dai, cadiamo tra trequattorocento chilometri, dai».
Niente da fare, il disgraziato continua ad andare ai centoventi sul ghiaccio, blowin` in the wind. Non mi resta che stringere le chiappe.

Alle sette, se dio vuole, arriviamo al distributore sull’autostrada, luogo dell’appuntamento dove ci aspetta il resto della banda. Il Bornik scalpita, ci aspetta dalle sei (che sarebbe stata l’ora prevista), sono le sette passate.
«Ragass – diciamo noi – andiamo a farci un cappuccino, che siamo stanchi e infreddoliti del viaggio. Avremo già fatto più di trenta chilometri, siamo stremati. Quantomanca ancora all’hotel? Ah, milletrecentoventisettechilometri? Pensavo peggio».
In quel momento arrivano i cugini di campagna, Poli e Domenico.
Si esprimono nella loro lingua:
«Ahhh! Ahhh! Uhhh! Yahhho!».
www.translate.google.it, rileva lingua, traduci in italiano: 
«Ciao! Come state? Che freddo! Tutto bene? Adesso parcheggiamo le moto e veniamo anche noi al bar a prendere qualcosa».

Dobbiamo andare qui: solo milletrecentoventisettechilometri sotto zero.

Fa troppo freddissimo, ma il benzinaio ci rassicura: 
«Sul passo non c’è la neve. Solo il ghiaccio».
Quando arriviamo lassù siamo piuttosto tesi, ma per fortuna il ghiaccio non c’è, anche se il termometro è congelato a -6. Da Ovada in giù immaginiamo di metterci in maniche corte, invece anche in Liguria la temperatura non ne vuole sapere di salire troppo e si assesta, avara, attorno ai 5°. Dopo il confine troviamo un po’ di respiro: sale addirittura a 10 e, imbacuccati come siamo, manco dovessimo sbarcare sulla luna, ci sembra addirittura caldo. Superata Cannes si rientra nella normalità, due gradi. 
Ma queste parti non doveva essere sempre primavera? Per sapere. 

Ma non doveva essere primavera qua?

Alle 20,50 raggiungiamo la prima meta di questo viaggio: Zaragoza. Dopo un bagno bollente andiamo a cenare in una tipica cantina aragonese. Dopo 15 ore di moto, milletreentottanta chilometri e le temperature patite, siamo tutti un po’ molto cotti. E il vino, mescolato con la stanchezza e i quarti di cinghiale arrosto, sortisce effetti straordinari sulle menti elementari di noi cinque motociclisti e i discorsi, dopo aver spaziato dall’esistenzialismo positivo, in opposizione a quello negativo di Heidegger, alla nuova filosofia ermeneutica, e dopo aver ascoltato l’Energo dissertare sulle tesi che si riallacciano al razionalismo critico di Popper, si sono fatti più pratici e, come al solito si è parlato, ovviamente, finalmente, moto e di signorine (non curatevi della forma ma della sostanza).  

«Oh, Borgik, ma té quante moto hai avute?».
«Quarantacinque».
«Apperò! E té, Poli?».
«Mboh? Quattro credo».
In realtà Poli ne ha avute almeno cinquanta, ma siccome non le riconosce, secondo lui ne ha avute solo quattro.
«Vabbé, vediamo una domanda più facile. Poli, té quante donne hai avuto?».
« Mboh? Quattro credo».
«Ah, tutto quattro. Ok, ma quante ne hai provate?».
«Ah, un’esagarasiaun».
Quando ci alziamo da tavola ubriachi di stanchezza, vino, stinchi di cinghiale e discorsi filosofici, ci chiediamo: ma, domani, domani, riusciremo, risalire sulle moto e percorrere quei miseri quattrocento chilometrini che ci dividono dal Pinguino? E chi lo sa? Se adesso penso a una moto mi viene il vomito. In questo momento sono sicuro che non ci arriverei mai.
Ma di questo ci preoccuperemo domani, ora c’è un problema più urgente: per tornare a casa ci vorrebbe una carrozzella. Magari con un bel plaid sulle gambe, visto il freddo che fa.

Si è guastata la TV, bloccata su un canale birichino.

11 gennaio, sabato
Prima di partire ci riuniamo nella camera di Poli. Non per vedere se c’è ancora il film con le signorine che ieri sera qualcuno ha guardato, ma per sentire le previsioni del tempo. Danno così-così, riprendiamo il pellegrinaggio.
Le strade sono bellissime ma il viaggio non è proprio confortevole perché è freddissimo, siamo a 5°, e poi c’è un antipatico vento laterale. Inoltre sulla nostra Gold Wind c’è anche un vento in più che arriva dai pantaloni dell’Energo: ieri sera il bestione ha mangiato qualcosa che gli ha fatto venire la bua al pancino? 
Il paesaggio però è splendido, con il sole e i campi innevati. Che bella la Spagna Nonostante tutti questi venti.
Alle 3,30 del pomeriggio arriviamo a Boecillo, sede del raduno. La prima cosa che facciamo è montare la tenda. Dentro ci mettiamo i caschi, e i guanti; tutto il resto ce lo teniamo addosso, visto che la temperatura è scesa vicino allo zero e nevica.
Che motociclisti belli tosti, che siamo, eh? Millesettecentoottantachilometri in due giorni, col ghiaccio e la neve (i venti) e ora dormiamo in tenda! 
I ragazzi spagnoli che hanno acceso un fuoco vicino al nostro accampamento dicono che siamo fortunati ad assistere ad un evento eccezionale: è da vent’anni che da queste parti non fa così freddo. Che fortuna!

Facciamo finta di montare la tenda, poi andiamo in albergo.

È un raduno di fighetti

In giro per il campo ci si rende conto di come questo Pinguino, per esempio rispetto all’Elefantentreffen, sia un raduno di fighetti. La maggior parte dei motociclisti indossa linde giacche moderne, caschi tirati a lucido e guanti da sfilata. Non puzza, ha fatto lo shampoo. Guida, inoltre, moto nuove e pulite pure quelle. 

L’Elefantentreffen, invece, è infestato da barbari ubriachi vestiti di pelle (ma anche nudi) coi copricapo di pelliccia e corna che cavalcano moto verniciate di catrame con la scopa e con un asse di legno al posto della sella. Alcuni, dopo litri di alcol, perdono i sensi e si addormentano sul ghiaccio, non riesco a capire come facciano sopravvivere.
Qui un altro mondo. Una cosa, in particolare, ci ha stupito: il numero di belle signorine. Mica c’entrano con le moto: sono carine, ben tenute, ben vestite, si distinguono subito dai maschi. Cosa che non succede all’Elefanten: lì per capire se uno è maschio o femmina devi girarlo, come si fa coi criceti, e anche in tal caso non si è mai sicuri.
L’Energo è euforico: come vede una figura coi capelli lunghi muoversi, scatta imbizzarrito, “Buona questa, buona, buona..”. Ma buona cosa? Che non l’hai manco vista. Poi chissà cosa vede? Sarebbe interessante entrare nel suo capoccione per scoprire come percepisce la realtà, come gli scienziati hanno fatto con i cavalli o le mosche. Vedrà a colori come noi o in bianco e nero?

Al Pinguino ci sono le belle signorine ma, come si vede in questa immagine scattata nella discoteca, vanno a dormire presto. Se ne trovi una in mezz’ora metti like e condividi.

La cena, compresa nel pacco d’ingresso, consiste in una microciotola di fagioli con le cotiche, una banana e un minibicchiere di vino del mercatone. Comunque meglio di niente. Trangugiamo la sbobba davanti a un fuoco preso in prestito, tanto per affumicarci un altro po’, e completiamo la serata con una birra e un piatto di paella, che mangiamo usando la Gold Wing di Poli tipo tavola.

Facciamo il punto della situazione. Sono le undici. Non nevica più ma fa un freddo cane. Siamo in cinque. La tenda è da quattro. Abbiamo tre sacchi a pelo. Io non ho portato il pigiama né il coniglietto. L’Energo ha mangiato i fagioli e una banana, se gliene scappa una in tenda moriamo tutti. Questi qua faranno casino fino alle quattro di notte. Domani ci tocca di nuovo salire in moto e fare seicentoventi chilometri su una strada tutta curve ghiacciate per andare ad Andorra. Soluzione: andiamo in albergo. I motociclisti duri e puri li facciamo la prossima volta. Non lo dite a nessuno.

Dopo settanta chilometri, i più lunghi di tutto il viaggio, troviamo un bellissimo hotel. Si chiama El Salvador, nome azzeccato, ha tre stanze libere e ci stiamo tutti. Meno male. Altrimenti il povero Energo sarebbe stato costretto a montare la tenda sull’aiuola del parcheggio. Siamo cattivi? Beh, allora pensate che ha mangiato i fagioli, pesa 120 chili, puzza di fumo come un’anguilla (affumicata), russa e chissà cos’altro. Lo volete voi?

Siccome alla reception c’è una signorina, scatta lo spettacolo dell’Energo, che vede quel che vede (che ancora la scienza ignora). Egli si esprime in un infiorettato spagnolo: 
«Grumphf, signorinas, io camra docientoydos, se vol venir sobra con me, son lì». 
Noi rassicuriamo la ragazza:
«Non te preoccupe, sta impedido nela cabeza.. Parese pericolosos, ma es innocuo».
E lei a ridere, a ridere. Il bello del bestione è che con quella faccia che ha nessuna si spaventa, ma tutte sorridono divertite e qualcuna ci casca pure. Per questo lo invidiamo. Solo per questo.

12 gennaio, domenica
Stamattina l’Energo si è alzato con un “leggero” gonfiore intestinale. Per forza, con tutte le porcherie che s’è strafogato ieri: le banane avranno fermentato sul fondo di fagioli, cotiche e paella, la birra avrà messo il propellente, è pronto per il lancio. E io, che sono il passeggero, sono preoccupato. Anche perché siamo a -5° e temo che possa prendere freddo al pancino.
Visto che sgasarsi da seduti si fatica, l’omaccione ha trovato uno stratagemma. In prossimità dei passaggi a livello, egli si alza in piedi sulle pedane come ha visto, in TV, fanno i piloti della Dakar, e proprio mentre le ruote passano sui binari, emette un rumor di tuono seguito da un fischio, tipo aria compressa. Rumori che lui, furbamente, attribuisce alla moto:
«Appena arrivo a casa la porto a fare verificare le sospensioni, sento un brutto rumore».
«Quello lo sento anche io – rispondo – ma fai controllare anche lo scarico emana un certo odore…».
Ecco perché la sua moto si chiama Gold Wind, mentre quella di Poli, stesso modello, Gold Wing.

Alle 4,30, del pomeriggio, siamo ad Andorra. Che sembra una tipica cittadina di montagna, le macchine con gli sci sopra, le signore coi doposci peloni, la pelliccia e il cagnolino antipatico, il freddo che taglia a metà. E per questo tutti ci guardano strani: dei matti in moto? 
Qua, nel Principato, sembra che sia obbligatorio fare le compere, perché tutto costa molto meno che in Italia. Telecamere, fotocamere, gioielli, orologi… tutto è quasi gratis. L’Energo vuole comprare un paio di stivali da moto ma non riusciamo a trovare un 48 pianta larga (è sproporzionato). Giriamo tutti i negozi specializzati ma della sua misura troviamo solo due zatteroni di quelli che portano i giovani, quelli con la suola alta quattro dita, con sopra i bulloni e i lampi. Sono comodi, dice, solo che sembra Frankenstein e così lasciamo perdere.

I ricchi sono taccagni
Poli ha i miliardi (in vecchie lire, non si fida dell’euro) nascosti nel materasso, ma per fargli spendere cento lire c’è da farsi venire un accidente. Però stavolta, travolto dall’euforia del viaggio e dagli occhi della bambina del negozio (anzi, da questi), compra una minimacchina fotografica digitale. Con la scheda aggiuntiva può tenere fino a 100 foto. Ne ha per tutta la vita.
Il bello viene dopo. Domenico, suo cugino, in un negozio venti metri più in là trova la stessa macchinetta a 60 (sessanta!) euro in meno.
La compra. A lui non interessa affatto: lo fa per ricordare a Poli, per tutta la vita, che lui l’ha pagata 60 (sessanta!) euro in meno. Poli per pareggiare i conti, e superare lo shock, ha detto stasera non mangio.

Il ristorante più costoso del mondo
Siamo italiani, quindi furbi, invece di cercare un posto con i camion fuori ci facciamo consigliare il ristorante. La signora della reception ci indica La Borda Pairal 1630. Già dall’ingresso si capisce che non è per noi: troppi quadri, troppi aggeggi d’epoca, troppi attestati di sublime qualità, infinita prelibatezza. Ci bastavano una birra, un piatto di pasta e due salsicce, siamo motociclisti. 
Ordiniamo un “Assaggio di Pernil Iberic”, del vino scelto a casaccio dalla lista, tanto non capiamo niente, e qualche bistecca. Per ora tutto bene, anche se il bestione ha ordinato una zuppa di cipolla e mangia spicchi di aglio come fossero le Saila. Per stanotte non c’è nessun problema, è in singola, ma domani in moto ho paura che incontreremo una miriade di passaggi a livello.

La serata scorre allegra fino a quando arriva il notaio con il conto. Porcacciaboiazozza! Ci costa come l’hotel.
«Ma ziocanta – dice Poli – il persiùtto, duecentoquarantottoesettantacinqueuro al chilo? Sei fettine in tutto e poi sottili come le ostie, e il vino da dove arriva?».
A questo punto, visto che il ristorante è bello pieno ci vorrebbe una bella scoreggia dell’Energo, ma non gli scappa. Ha detto che preferisce tenerle tutte per domani, in viaggio. Grazie del pensiero.

13 gennaio, lunedì
Oggi si torna a casa. Io e il Borgnik, da bravi ragazzini che siamo, abbiamo messo la sveglia all’ora giusta, ci siamo lavati, pettinati e abbiamo fatto anche colazione. Sono le 9 e gli altri boh? Aspettiamo un po’, poi ci preoccupiamo, l’Energo: non risponde al telefono, cosa sarà successo? Corriamo di sopra, calci e pugni alla porta. Allora il bruto esce nudo dalla stanza, si piazza in mezzo al corridoio – per fortuna non c’è nessuno – e sbuffa:
«Seghé? Seghé? Seghé?».
«Ghè, caro Energo, che dobbiamo tornare a casa e tu sei ancora a letto, azzofài? E poi ringraziaci, se sei ancora vivo è per merito nostro, che ti abbiamo svegliato appena in tempo perché stavi per morire soffocato tra i miasmi di aglio e cipolla sublimati dal tuo sifone digerente.

Dopo la colazione all’omone scappa la cacca. Tanta, dice. 
«Se non la faccio adesso, poi in moto è un casino».
«A chi lo dici». Dico io.
Ma fai con calma, mancano ancora i cugini di campagna; li chiamiamo.
«E allora?».
«Che ore sono? Ah! È che ieri abbiamo dimenticato gli stivali di sotto e allora siamo dovuti andare a prenderli. Adesso li infiliamo e scendiamo giù».
Quindi ci sono volute due ore per portare gli stivali dal garage in camera? Mica è finita, con tutto questo trambusto, ma anche per aver respirato l’aria della camera dell’Energo, al Borgnik viene il mal di pancia. Oddio! non mi vomiterai mica quel prosciuttino da duecentoquarantottoesettantacinqueuro al chilo, verooo?

Dai che ce la facciamo
Alle 11 finalmente la carovana degli sbandati si muove. Il termometro segna -6, e sui Pirenei, scende a -9. E per fortuna c’è il sole.
Durante il viaggio abbiamo guidato in modo decente ma giunti in prossimità di Cannes l’autostrada ampia e i curvoni che sembrano sopraelevati ci stimolano l’appetito e così decidiamo di sgranchirci un po’ le valvole.
Pare, ma non ne siamo sicuri, che in qualche tratto siano “consigliati” i 110: in Francia mettono gentilmente un cartello tondo con il bordo rosso e dentro scritto un numero (che sarebbe la velocità consigliata), sicché il motociclista veda bene questo suggerimento.
Che i francesi siano particolarmente gentili con i motociclisti italiani è cosa nota. Infatti, dopo qualche chilometro, ecco che ci raggiungono due poliziotti in moto, vorranno congratularsi con noi per le doti di guida dimostrate in questo tratto autostradale. E infatti ci scortano, addirittura, fino alla gendarmeria, dove certamente hanno preparato un rinfresco per accoglierci:
«Ok, belli, sono 90 euro a testa. E ringraziate che non vi bruciamo la patente e buttiamo via le vostre moto. Tu, Domenico, facevi i 163 km/h, mentre voi, Borgnik, Energo e Poli, i 157».
«Coooosa? – risponde Poli – i centocinquantasette? Impossibile. Eravamo fermi! Tsé, i 157 da noi li fanno i bambini col 125. Altroché. Ma pensa te se uno deve venire qua in Francia per essere insultato.

Tutto sommato a noi è andata bene, a un nostro compaesano un po’ meno: gli hanno ritirato la patente. Deve lasciare l’auto lì, una SuperMercedes SLK cabrio 6000, 650 CV, 250 km/h (limitata), 0-100 in 4 secondi. 
Vabbè, dai, scendo dalla trappola dell’Energo e gliela guido io fino in Italia. Tetto rigido, eh, altrimenti non sarei mai montato su quella carriola.
Poi, il miracolo. Di colpo, appena mi sono messo al volante di quella macchinetta mi sono sentito, chissà perché, estremamente affascinante.
Tutte mi guardavano e dicevano: “Mmmmh comme celui-ci est cool!”, cioè “com’è fico questo qua” (google translate). E allora, chiedo: basta così poco? Solo qualche centinaio di milaeuro più gli optional?
«Prima avevo una Porsche – dice il proprietario della megaMercedes – adesso ho preso questa perché è più comoda».
Eh, in effetti. 
«Io invece avevo un maggiolino dell’86 – rispondo – e adesso ho ancora quello». 
Il mio maggiolino è bellissimo, ma quella macchinona me la sono davvero goduta. Ho guidato piano, pianissimo. Non solo per evitare qualsiasi rischio, se avessi avuto un minimo incidente ci avrei messo tutta la vita per pagare solo la lucidatura del carrozziere, ma più che altro per ritardare il più possibile il momento in cui sarei dovuto risalire in moto, al freddo, e dietro le chiappone dell’Energo. 

Le multe: 10 all’ora in più e ci bruciavano le patenti.

Siamo stati così bene in questo viaggio che ci è venuta un’idea. Vendiamo gli alberghi di Poli e andiamo tutti in pensione. Teniamo la pizzeria dell’Energo di riserva e lui sta lì a lavorare. Per ricompensarlo lo portiamo qualche volta con noi. Ma solo quando piove.

C’è pure il video: